Il 4 dicembre si terrà il referendum sulla riforma Costituzionale. L’Arci invita a votare NO per alcuni semplici principi che riguardano la base della vita democratica e la capacità delle istituzioni del Paese di svolgere le loro funzioni essenziali senza cadere nel caos della burocratizzazione e dell’arbitrarietà.
Ragioni che niente hanno a che vedere, quindi, con il giudizio complessivo sull’azione di questo o di qualsiasi altro governo, ma che riguardano valori, principi e modalità di partecipazione alla vita pubblica e che sono parte del “patto costituzionale” nato dalla Resistenza e dalla Liberazione dal fascismo.
E’ per tali principi che la mobilitazione referendaria non è una prerogativa dei soli partiti, ma riguarda associazioni, movimenti, sindacati e tutti i “corpi intermedi” in cui si incontrano e si organizzano le persone e i cittadini di questo Paese.
I “No” dell’Arci che fanno crescere. No Perché:
- la riforma diminuisce la possibilità dei cittadini di dire la loro, con un Senato composto da qualche consigliere regionale e un sindaco per regione, nominati non si sa con quale criterio, più una “pattuglia” del Presidente della Repubblica… un gruppo di amministratori locali che decideranno, nei ritagli di tempo tra un consiglio e una giunta comunale, ad esempio, sulle forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, non si sa bene con quale competenza e mandato…. ma sicuramente senza alcuna possibilità da parte del Governo di porre la fiducia su tali scelte. La rinuncia al diritto di votare questo “Senato a mezzo tempo” ci farà risparmiare un caffè a testa all’anno. Questo è quanto risulta dai calcoli della Ragioneria dello Stato: non gli sbandierati 500 milioni, ma molto meno di 50, nemmeno la decima parte…
- il caos, la burocratizzazione, i conflitti e l’inefficienza generati da oltre 10 procedimenti legislativi differenziati bloccherà il paese. La Corte Costituzionale si è già espressa chiaramente, cercando di sottrarsi ad una “politicizzazione” del suo ruolo determinata dai “pareri preventivi”. Il Governo condizionerà molto più di oggi la funzione legislativa, consolidando in altre forme la pratica della decretazione d’urgenza (con la funzione legislativa a scadenza);
- l’equilibrio tra i poteri dello Stato e l’autonomia di alcune importanti istituzioni della Repubblica (possibile elezione di un Presidente della Repubblica di minoranza; Consiglio Superiore della Magistratura) saranno a rischio a causa dei nuovi sistemi di voto semplificati e dei meccanismi delle nomine;
- portare da 50mila a 150mila il numero di firme necessario per presentare leggi di iniziativa popolare e rimandarne la discussione all’approvazione di successivi regolamenti parlamentari renderà vano un importante strumento di partecipazione dei cittadini;
- la riforma allontana i cittadini dalle politiche regionali e dalla gestione del territorio. Riportare tra le competenze esclusive dello Stato molti ambiti dei quali oggi si occupano le Regioni rischia di allontanare i cittadini dagli enti regione e dalle loro scelte. La proposta, di stampo “statalista” è confusa e produrrà continui contenziosi tra Stato e Regioni, rallentando gli iter normativi. Non è chiaro come funzioneranno e cosa faranno gli “enti di area vasta”, che sostituiscono di fatto le Province.
- la riforma rischia di marginalizzare il ruolo delle opposizioni e allontanare i cittadini dal voto. La dichiarazione di guerra, l’amnistia e l’indulto ed altre importanti leggi saranno decise solo dal partito che vincerà le elezioni, anche per colpa del famigerato “Italicum”. Infatti l’abnorme premio di maggioranza e i capolista bloccati, nominati dalle leadership dei partiti, determinano un sistema iper-maggioritario che non ci piace.
La Costituzione è questione che riguarda tutti. Ci guida nell’azione e nella pratica quotidiana. Questi ultimi giorni sono decisivi per informare, discutere, sensibilizzare. Per questo sollecitiamo tutti i soci, i comitati e i circoli a mobilitarsi ed organizzare più iniziative possibili sul territorio, alimentando il dibattito e il confronto.
Buon lavoro a tutti,
Francesca Coleti
Presidente Arci Campania