«Il silenzio delle istituzioni è il cancro peggiore» recitava uno dei cartelli della manifestazione La Terra dei Fuochi svoltasi tra Otella da Orta e Caivano il 4 ottobre. Dal 1997 lo Stato era a conoscenza dell’avvelenamento delle terre, dei rischi che la popolazione correva, ma l’allora governo Prodi preferì mettere il segreto di Stato sulle confessioni di Carmine Schiavone. Chi è venuto meno ai suoi compiti di difesa del diritto alla vita e alla salute dei cittadini deve pagare come chi ha avvelenato materialmente quelle terre. Il Fiume in Piena travolge, purtroppo, destra e sinistra e si abbatte su uno Stato che non tutela più nessun diritto. Nonostante la pioggia battente, tantissime persone sfilano per chiedere un piano di bonifiche concreto e immediato nella cosiddetta ‘terra dei fuochi’: sacerdoti, comitati territoriali, sindacati, associazioni di varia estrazione e vario ‘colore’, anche esponenti politici, rigorosamente senza simboli di partito. Da tutta Italia sono arrivate le gocce che costituiscono questa coloratissima fiumana che fa fluttuare le foto dei tanti morti, tra cui moltissimi bambini, e corrobora lo spirito di chi lotta, denuncia, sogna un territorio libero dalla camorra, dai poteri illegittimi, da chi vuole decidere sulle nostre teste senza farci partecipare alle scelte sul nostro futuro. Il coordinamento Fiume in Piena ha raccolto le istanze dei partecipanti e stilato un documento/proposta per fermare il biocidio. Dieci punti concreti, che qui elenco solamente, che trovano un equilibrata dialettica nell’argomentazione e rispondono alla pragmatica consapevolezza che fermare il biocidio vuol dire necessariamente rivendicare anche welfare, casa, diritti essenziali; vuol dire investire su un’istruzione pubblica e una ricerca capaci di formare coscienze e competenze in grado di promuovere un diverso modello di sviluppo. Per uscire dalla crisi ambientale, è necessario uscire anche dalla crisi sociale. Non si devono contrapporre diritti e salute, lavoro e sviluppo del territorio. Bisogna ripartire dalla dignità delle persone. Il documento si conclude con uno sguardo al futuro. «Non dobbiamo fermarci qui. Non possiamo fermarci qui. Un fiume in piena deve invadere tutto il Paese e determinare davvero il cambiamento reale della vita delle persone, il risanamento del nostro territorio, la liberazione di tutte e di tutti». Non tratteniamo l’entusiasmo, far crescere il sentire comune è possibile.
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Settembre 10, 2013